La Repubblica Democratica del Congo – RDC è il secondo Paese africano per estensione.
La ricchezza del Paese in termini di biodiversità, giacimenti minerari (diamanti, cobalto, oro, cassiterite, coltan) e risorse naturali si accompagna tragicamente alla vulnerabilità e povertà della sua popolazione. Il nesso tra sfruttamento delle risorse naturali e violazione dei diritti umani risale all’epoca coloniale ed è continuato con l’indipendenza.
Pochi ricavi sono reinvestiti per migliorare il benessere della popolazione e restano concentrati nelle mani di una élite in gran parte straniera.
Nella Repubblica Democratica del Congo si consuma, nel silenzio delle Comunità Internazionali, una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, con la guerra civile che ha causato, dal 1998 a oggi, oltre 6 milioni di morti.
Decenni di dittatura e sfruttamento indiscriminato delle risorse hanno ridotto le istituzioni allo sfacelo: lo Stato non è in grado di provvedere ai servizi sociali; molte famiglie sono sfollate verso le città, e in particolare verso la capitale Kinshasa, che oggi ospita oltre 10 milioni di persone in quartieri disastrati.
Povertà e conseguenze del conflitto hanno condotto a una crescita esponenziale dei bambini di strada: agli orfani di guerra e ai bambini ex soldato se ne aggiungono ogni giorno altri, anche piccolissimi, cacciati da famiglie non in grado di sfamarli, mentre sempre più drammatico diviene il fenomeno dei bambini accusati di stregoneria, sotto l’influsso di predicatori ed esorcisti che proliferano nelle baraccopoli.
Spaventose le violenze che i bambini subiscono in strada durante le retate della polizia e, sempre più spesso, dalle stesse comunità locali che, esasperate dalla miseria, vedono nei bambini di strada un mero fenomeno criminale. Nella sola capitale si stima vi siano più di 13.800 shegué, bambini e bambine di strada, che sopravvivono di lavoretti nei mercati, elemosina e piccoli furti, ma spesso anche di prostituzione, attività illegali e altri espedienti.
La complessa situazione politica, sociale ed economica fa si che nonostante la ricchezza naturale del territorio, la RDC sia il Paese col più basso PIL al mondo. L’indice di sviluppo umano dell’UNDP 2011 lo colloca all’ultimo posto tra gli Stati analizzati. L’emergenza umanitaria persiste: l’ONU stima che nel Paese ci sono 2,3 milioni di rifugiati e che circa 300.000 congolesi vivono in campi profughi negli Stati confinanti.
Oltre il 76% della popolazione vive in uno stato di fame cronica, il livello di malnutrizione è raddoppiato dal 1990, ed in alcune zone del Paese è endemico. Nonostante l’abbondanza della terra, si stima che solo il 2% sia attualmente utilizzato. I prezzi del cibo rimangono alti, perché il 95% del cibo è importato. Più interventi diretti del Governo sono necessari per prendere misure protettive contro la fame: l’agricoltura va considerata una priorità, e vanno aumentate le possibilità di accedere alla terra, al credito e al mercato.
La Provincia del Nord Kivu è caratterizzata da una situazione di insicurezza cronica. Gli scontri causano una generale situazione di instabilità che preclude investimenti e aumenta la fragilità della popolazione, oltre a causarne lo spostamento. Il numero di rifugiati è di 1,7 milioni, la cui maggioranza sono donne e bambini, le principali vittime del conflitto. In quest’area del Paese, lo stupro è considerato strumento di guerra.
Per quanto concerne il settore educativo, la situazione è altrettanto allarmante. Nella RDC, 4,6 milioni di bambini/e in età scolare sono al di fuori del ciclo scolastico formale. Il tasso d’iscrizione primaria è del 51,7% e la percentuale di iscrizione al primo anno è scoraggiante (17%). Le scuole sia pubbliche che private sono a pagamento e ciò, oltre a essere la prima causa d'abbandono, influenza l'insegnamento: il flusso irregolare delle rette scolastiche impedisce il pagamento regolare degli insegnanti. La mancanza di fondi determina carenze materiali ed igieniche: sono inesistenti corsi di aggiornamento, libri di testo aggiornati e il 75% delle scuole non hanno acqua né latrine. La situazione peggiora scomponendo le statistiche su base regionale: ci si rende conto della disparità dell’accesso ai servizi tra la popolazione urbana e rurale e le comunità del Nord Kivu vivono in condizioni peggiori rispetto a quelle delle altre zone del paese.
Il sottosviluppo dell’economia congolese è dovuto in parte allo scarso investimento sul capitale umano e dunque sull'educazione e formazione professionale: la spesa per l’educazione è passata dal 30% del PIL nel 1960 al 2% nel 2004. Il 90% dei costi della formazione professionale sono sostenuti dalle famiglie e il 10% dallo Stato. La formazione professionale e tecnica non è una priorità del Governo e non esiste un sistema specifico. Ciò appare significativo dato che la ricostruzione nella RDC nella post-emergenza passa dalla sua capacità di avere internamente le risorse materiali ed umane in grado di realizzarla. La situazione attuale è caratterizzata da una scarsa quantità (gli istituti professionali sono solo il 10% delle scuole superiori) e qualità infrastrutturale, gli insegnanti sono demotivati e sotto-qualificati ed i curricula non sono aggiornati: strumenti educativi, attrezzature, libri di testo sono obsoleti. Diversi studi raccomandano la rivitalizzazione della formazione professionale come strumento per migliorare le prospettive dei giovani, incrementando il finanziamento per le infrastrutture, attrezzature e nuove tecnologie, rafforzando i curricula ed adattandoli alle realtà locali, incoraggiando partnership “pubblico / privato e scuola/ impresa”.
L’Associazione Amici di Sasa riconosce l’importanza dell’istruzione e della formazione per i ragazzi ed ha intrapreso azioni volte al sostegno della formazione prolungata nel tempo, nonché alla realizzazione, in partnership con la Fondation Sasa, di un Centro di Formazione giovanile a Kikwit 4, nella Repubblica Democratica del Congo, a 535 km dalla capitale Kinshasa.